Interviste ad Alberto Conterio

giovedì 15 dicembre 2011

L’Italia, e le radici della crisi.

L’Italia, e le radici della crisi.
Dieci anni di errori ed un mondo che cambia.

In un periodo di crisi nera qual è l’attuale, è forse bene tirare delle somme per tentare di capire quali sono le nostre prospettive future, e se possibile, comportarsi di conseguenza.
Da dove veniamo ? Chi siamo ? Dove stiamo andando? …sono tre domande che spesso mi assalgono, e che almeno fino a qualche tempo fa, mi era possibile rispondere con più o meno certezza. Oggi però sono molto meno tranquillo. Perché?
Perché, la crisi economica perdurante che sta attraversando la civiltà occidentale, secondo me, è l’effetto “secondario” di una crisi ben più grave ed evidente. È la crisi di identità che sta attraversando pericolosamente l’occidente. Senza sapere da dove veniamo e chi siamo, infatti, non è più certa la nostra rotta futura, tanto è vero che tutto in questi anni s’è complicato. Se ci togliamo per un attimo i paraocchi dell’ipocrisia e del politicamente corretto e guardiamo in faccia la realtà, ci accorgiamo che la crisi evidente e perdurante, è di casa soprattutto nella vecchia Europa.


Negli ultimi anni, per nascondere questa verità, si mescolano le carte, va di moda asserire infatti che sia in atto uno scontro di civiltà, dove la civiltà occidentale comprende la vecchia Europa, ed il nord america. È chiaramente un falso, perché non siamo in guerra con un’altra civiltà, e la crisi è data dalla lenta implosione della nostra stessa civiltà.
Niente scontro insomma, la civiltà occidentale sta morendo da sola. Ma l’Italia appartiene a questa civiltà ? Mi sono soffermato a riflettere su ciò!

Affermerei senza indugio che la “civiltà” non è rappresentata (come talvolta affermato e si vuol far credere) dal credo religioso di una società (sarebbe riduttivo) o più genericamente dal sistema di vivere d’oggi (sarebbe soltanto commerciale) quanto piuttosto dalla sua storia. Insomma, si può affermare che la “civiltà occidentale” alla quale dovremmo appartenere è un’entità definita…
Mi sorgono dei dubbi, perché è evidente che in “occidente” vi sono tra i Paesi differenze sensibili se non abissali?
Ad esempio, possiamo noi italiani riconoscerci in una “civiltà occidentale” che oltreoceano, si identifica attorno ad un tacchino ripieno alla festa del ringraziamento, quale punto di origine? Possiamo riconoscerci in chi si diverte guardando gli incontri di Wrestling (truccati), oppure in chi riconosce sacralità nelle zucche di Halloween? Desideriamo anche noi una società, che dall’oggi al domani si riduce a far dormire la sua gente nel parcheggio di un centro commerciale perché “c’è la crisi” o che ancora nel 2010 discuteva animatamente se fosse giusto e conveniente assicurare un servizio sanitario di base a tutte le classi sociali della popolazione ? Il mio non vuol essere un anti americanismo sterile, ma per evidenziare queste mie affermazioni citerei quanto scritto da uno studioso di storia del periodo fascista, sugli americani :  “costoro, sono passati dall’antichità ai tempi moderni, senza essersi fermati un solo giorno nella civiltà…” 

Ecco, noi possiamo credere d’appartenere a questa “in-civiltà occidentale standard” solo se cancelliamo il nostro passato! solo se la nostra memoria diventa un foglio di carta bianco, allora sarà possibile scrivere su di esso ciò che si vuole, e farci credere quello che converrà!


Se vogliamo al contrario fare un discorso più serio, è bene circoscrivere fin da subito all’area geografica strettamente europea questa “civiltà”, individuando nei singoli percorsi storici di ogni Paese un punto di partenza “comune”. L’idea di civiltà occidentale così, comincia effettivamente ad essere plausibile. Tra questi paesi però, sono pochi quelli che possono contare su una memoria passata di civiltà come la intendiamo noi (pensando alla civiltà Latina), o su una memoria storica che possa abbracciare almeno una decina di secoli. L’Italia chiaramente, può fregiarsi di ciò a pieno titolo.
 
Un punto di sicura origine di questa fantomatica civiltà occidentale potremmo individuarlo nelle radici Cristiane. La quasi totalità dell’Europa infatti, può essere raccolta attorno alle radici Cristiane, ma dal momento che ad inizio di questa esposizione abbiamo asserito che sarebbe riduttivo e che, la stessa Europa Unita come istituzione, ha sancito, di non far comparire nella carta costituzionale comune questo fondamento, torniamo alle singole “storie” dei vari Paesi, che nei secoli si sono intrecciate tra loro…
Dobbiamo però essere franchi senza voler del resto apparire vanitosi : l’Italia vanta non meno di 25 secoli di storia e civiltà ininterrotta, il resto d’Europa NO!
Ergo, io che sono e mi sento Italiano, sono estremamente orgoglioso!
Tornando quindi alla crisi, sono portato a chiedermi spesso - soprattutto ultimamente - quale sarà il futuro d’Italia e quindi dei miei figli. Occorre a questo punto scendere nella politica e nella storia recentissima d’Europa e del nostro Paese. Quattro le colonne negli ultimi dieci anni, Immigrazione, globalizzazione dei mercati, delocalizzazione del lavoro e moneta unica. Quattro panacee valide in ogni occasione e su ogni argomento, a formare un totem, un monolito inattaccabile. L’immigrazione, presentato come un arricchimento, culturale, sociale, la globalizzazione dei mercati e la delocalizzazione del lavoro come un’opportunità economica e la moneta unica, la sicurezza economica data da un potere d’acquisto svincolato finalmente dal tumore delle inflazioni e dei cambi monetari!

Beh, …dopo aver visto la parabola discendente degli ultimi dieci anni sfido qualunque persona di buon senso a dimostrare che non è stato un completo fiasco, altro che totem!

La strada percorsa in questi dieci anni, era giusta per l’Europa, per l’Italia o per chi? O meglio, la civiltà espressa dalla società italiana aveva bisogno di mutuare quella altrui per poi ritrovarsi in condizioni ben peggiori dopo questo periodo?
Se avessimo guardato alla civiltà espressa dalla nostra storia, senza azzerare ad un libro vuoto la nostra identità, quanti di coloro che si ergono oggi a salvatori della Paria e quanti di coloro che si son vantati in questi anni di essere i promotori di tanto vantaggioso progresso, avremmo effettivamente seguito come pecore al pascolo? E se è vero, che la democrazia è un valore universalmente conosciuto, ci saremmo lasciati condurre forzatamente al patibolo?

Io ritengo che si possa sempre cambiare opinione quando è palese che le nostre convinzioni erano errate, così come nessun trattato o scelta politica passata può considerarsi definitiva e inamovibile. Se l’Euro, le frontiere aperte, la globalizzazione dei mercati e la delocalizzazione all’estero del lavoro si sono rivelati letali per l’Italia, l’Italia deve avere il diritto ed il coraggio di ridiscutere con piena sovranità nazionale questi argomenti. Questo è ciò che chiedo al “governo” del mio Paese. E chissenefrega dell’Europa, della borsa di Londra e del differenziale dei rendimenti Bund-Btp e della possibilità di trovare lavoro come lavapiatti in Australia.
La società italiana stava assai meglio negli anni ’80 quando imperava un’inflazione del 22 %, e tutti i cambi ci erano sfavorevoli. Mai avrei immaginato questa involuzione. Non facciamoci raggirare ancora, ciò non è dovuta soltanto al rapido cambiamento del mondo o alla sfortuna. Quante volte il mondo è cambiato in 25 secoli, eppure l’Italia è sempre stata se stessa. Con i suoi pregi ed anche con i suoi difetti, l’Italia talvolta ha guidato il cambiamento del mondo conosciuto. Questa rapida involuzione quindi, è dovuta principalmente a scelte errate recenti e recentissime, che non hanno saputo coniugare i pregi ed i difetti su citati con le reali possibilità offerte dal cambiamento in atto. Queste sono colpe che possiamo attribuire in primis alla classe politica repubblicana post-manipulite, mirante al suo esclusivo e personale interesse sopra ogni altro, ma non esclude le pesanti responsabilità della classe dirigenziale ed industriale italiana delle nuove generazioni, che al contrario delle precedenti - attente alle positive ricadute sociali locali e nazionali - hanno voluto monetizzare ogni guadagno possibile.

Concludendo, dobbiamo tornare ad essere coscienti delle nostre radici e delle nostre potenzialità per guidare democraticamente la politica del nostro Paese verso gli interessi dell’Italia e degli italiani, e se questi non coincidono con gli interessi delle lobby interne che dividono i propri interessi con l’Europa della Germania e la globalizzazione mondiale, vuol dire che siamo davvero sulla strada giusta !

15.12.2011 - Alberto Conterio

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