Astensionismo e
democrazia
Alla luce di quanto successo in Sicilia per il rinnovo del
Consiglio regionale, si rende necessario fare delle riflessioni sul ruolo e la
legittimità delle attuali forze politiche e delle stesse istituzioni
repubblicane di questo Paese.
Personalmente ritengo inaccettabile che un nuovo Consiglio
regionale e il nuovo Presidente di una regione
possano sentirsi legittimati nelle loro funzioni da un numero così basso
di votanti e quindi di preferenze. Se la percentuale di astensioni al voto registrata
in Sicilia, dovesse ripetersi (e personalmente me lo auguro di cuore) anche ad
aprile a livello nazionale, quando, al termine della legislatura saremo
nuovamente chiamati alle urne per rinnovare il Parlamento, ci troveremmo nella
condizione di avere un’assemblea legittimata da meno del 50% degli aventi
diritto di voto, con un governo (qualunque esso sia) che rappresenta poco più
del 25% degli italiani.
Ritengo sia doveroso chiedersi : “ può una democrazia
reggersi su numeri tanto esigui senza perdere la sua forza di coesione? …e poi
mi chiedo ancora : “se l’istituto del referendum, prevede un quorum del 50% dei
voti più uno per essere valido, perché il rinnovo ben più importante di un
intero Parlamento, non prevede una formula simile a garanzia della sua stessa
legittimità?
L’astensionismo, che in questo Paese ha radici profonde,
nella perdita di fiducia delle istituzioni e della classe politica
rappresentata da generazioni (ormai) di personaggi e figuri impreparati e
arraffoni (per essere molto buoni e pacati) non può semplicemente essere un
“dato”, un numero a parte, un’opzione sterile, escluso dal “ragionamento” degli
interessi politici delle parti.
In democrazia il 53 o il 54% di persone che dicono di NO
all’attuale sistema politico ed istituzionale vorrà pur dire qualche cosa.
Saranno tutti dei celebrolesi da non dover essere presi in considerazione?
Personalmente caldeggio l’idea che questo fatto, dovrebbe invece,
essere tenuto particolarmente in considerazione, e che delle istituzioni
“serie” (che non possono essere evidentemente quelle repubblicane di oggi,
espressione di una assemblea costituente truffaldina ed interessata) dovrebbero
prevedere il loro auto-annullamento al verificarsi di quanto accaduto in
Sicilia o di ciò che presumibilmente si verificherà alle prossime elezioni
politiche del 2013.
Un valore di astensionismo dal voto superiore al 50%
infatti, dovrebbe voler dire che tutto il complesso istituzionale e politico
espresso dal Paese, non è più ritenuto, dalla maggioranza degli italiani,
valido ad esprimere programmi e a formulare decisioni per il Paese. Si tratta
insomma d’avere l’umiltà di accettare che occorre rifondare questo Stato su
valori nuovi e diversi dagli attuali, e che ciò, non può essere fatto da chi ha
avuto le “mani nel vaso della marmellata” dal 1946 ad oggi. Questo Stato, e
questa Costituzione, con la sua ideologia e i suoi dogmi, sono decaduti e non
possono più essere considerati validi.
Permettetemi, …può un politico sentirsi serenamente
legittimato a legiferare o a prendere decisioni in nome di un popolo, quando
rappresenta meno del 50% degli aventi diritto al voto? Io correrei a
nascondermi, mi darei ad altra occupazione. Costoro invece, si dicono
soddisfatti della “vittoria”, …tutti, nessuno escluso!
Mi aspetterei quindi, che il Presidente di questa defunta
seconda repubblica, avesse il buon gusto e la possibilità di convocare una Costituente
formata di tecnici apolitici (e questa volta sono i benvenuti, perché è chiaro
che nessuno può vantare “il diritto” di essere stato eletto) che in un tempo
determinato, presenti una opzione di Stato possibile, affinché il popolo in un
referendum confermativo abbia la facoltà di dotarsi democraticamente di un
nuovo “sistema”. Solo dopo questo passo di totale rifondazione, dovremmo avere
il coraggio e insieme la necessità di voler tornare ad un voto politico per
dotarci di un governo.
Se la nostra democrazia non prevede questa logica di auto
correzione, qualunque idea di rinnovamento della società o di riforma dello Stato
e della politica è nulla, e come monarchico, sono vent’anni che denuncio ciò!
Una splendida poesia di Aldo Fabrizzi in dialetto romanesco,
intitolata “A Umberto” terminava con queste parole : “…mejo che a parlà de
Libertà se sonino più piano le campane.”
Ecco, appunto… non state più a parlare di libertà, o di
democrazia in questo Paese!
Alberto Conterio - 01.11.2012
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