Grazia, Graziella e grazie al…
Scusatemi, ma quest’oggi mi sento sboccato. Non se ne può davvero più però di questa “politica”, tecnica e antidemocratica del “grande timoniere” Napolitano, spacciata per la parola di Dio.
Ascoltando la radio durante il tragitto casa lavoro, stamane, ho appreso gli ultimi intendimenti del Ministro Fornero. Pare abbia dichiarato che per rilanciare l’economia italiana serva necessariamente aumentare gli stipendi dei lavoratori italiani, riconosciuti tra i più bassi d’Europa.
Ma và…!
Penso a quanto denaro ho fatto risparmiare al mio Babbo evitando di frequentare l’università per giungere poi a simili considerazioni. Sono anni che predico ciò …pur non avendo roboanti lauree da esibire nello studio di casa.
Detto questo, rimane da vedere come farà a mettere in pratica l’intendimento senza scontrarsi con le barricate che potrebbero alzare le altre “donne forti” d’Italia.
Per quanto riguarda la Marcegaglia, il problema non dovrebbe porsi. Sono anni infatti, che di lavoratori in Italia non ne ha più, e il suo recente contratto con la Cina per la fornitura miliardaria di tubi d’acciaio da rivendere con lauto guadagno sul mercato europeo l’ha anestetizzata!
L’altra donna invece, che di nome fa Camuso, potrebbe puntare i piedi. Con lavoratori più contenti infatti, il sindacato perderebbe il suo prestigio e ruolo “guida”. In merito, abbiamo già avuto degli esempi chiari; Della Valle non fu duramente contestato dal sindacato per aver aumentato di propria iniziativa lo stipendio dei suoi dipendenti?
Insomma questo è il Paese dei balocchi, dove tutto può succedere, e l’ovvio può essere presentato come l’uovo di Colombo!
Alcune riflessioni serie però occorre farle, se non altro per testimoniare che il buon senso esiste ancora e potrebbe essere sufficiente a far ripartire questa Nazione, che un tempo non troppo lontano era un faro della civiltà.
Per rilanciare la nostra economia, non abbiamo bisogno di aiuto esterno, ma è necessario che internamente si lavori ad un disegno di insieme con provvedimenti vantaggiosi per tutti, non solo per la Banca d’Italia Spa e le grandi aziende. Se i cittadini non lavorano o guadagnano dal loro lavoro troppo poco, invece di far girare l’economia, a “girare” è qualcos’altro parafrasando uno spot pubblicitario dell’era berlusconiana.
Quindi è il caso di riportare in Italia il lavoro ceduto all’estero - per ingrassare le cassette di sicurezza ed i conti svizzeri - e retribuirlo meglio.
Come? Verrebbe da rispondere che abbiamo una classe dirigente lautamente pagata per risolvere questi problemi.
Lavorando però da quasi trent’anni nel settore privato, penso di poter dare un contributo con qualche proposta o almeno con qualche osservazione pratica.
Ha ancora un significato ed un valore il marchio Made in Italy? Pare di no, e sarebbe il caso di riformare adeguatamente le pletora di leggi, leggine e deroghe, che fanno del Made in Italy una babele di “opportunità” ad uso esclusivo di coloro che non sono troppo onesti.
Fatto questo occorrerebbe sdoppiare il regime fiscale delle aziende per favorire tra esse, quelle che operano sul territorio nazionale. L’IVA ad esempio, Imposta sul Valore Aggiunto, non potrebbe essere minore dove maggiore è il valore aggiunto del lavoro “Italiano”?
Altro punto, riguarda i contributi versati dalle aziende per i lavoratori. Occorre abbassarlo sensibilmente a favore della busta paga netta del lavoratore in primis, e dell’azienda poi. Lo Stato dovrebbe tendere ad incassare di più da un numero maggiore di “contratti”, non strangolando i pochi che ancora lavorano in Italia.
Non prendiamoci in giro però, alcuni decimali di punto in meno, non risolvono la situazione delle aziende e dei lavoratori. E poi diciamo una verità nascosta di questi ultimi vent’anni. Il lavoratore ideale per le aziende italiane, è quello giovane, perché costa meno… stop! L’esperienza, il coinvolgimento del personale, e la formazione sono valori ormai vuoti del loro significato per la maggioranza delle aziende del nostro Paese, perché inutili ad una produzione delocalizzata di bassa e bassissima qualità.
Tornando a fare del Made in Italy vero, il pilastro della nostra economia e capacità produttiva però, i lavoratori meno giovani, dovrebbero tornare ad avere per le aziende un valore.
Anche in questo caso, perché non prevedere una riduzione dei prelievi fiscali sulle buste paga e sui contributi aziendali in proporzione all’età dei lavoratori in modo da favorire l’esperienza e l’acquisizione dell’esperienza con beneficio di tutte le parti in causa?
Vogliamo inoltre mettere fine alla vergognosa pratica dei contratti a termine?
O meglio, vogliamo regolarli favorendo il bilanciamento delle convenienze tra azienda e lavoratore? Possibile che un lavoratore con contratto a termine guadagni meno, abbia meno tutele, e costi all’azienda meno contributi? Dove vediamo l’equità in questo assunto?
Se un’azienda vuole usufruire di una forza lavoro aggiuntiva e momentanea - senza impegno - o far del “vuoto a perdere” la sua unica politica sul personale, si accolli l’onere di spendere di più, non di meno. Conseguentemente, un lavoratore con contratto a termine, dovrebbe guadagnare di più, non di meno, perché domani potrebbe ritrovarsi per strada senza preavviso !
Inoltre, per favorire l’aumento del lavoro tra le donne con prole e dei giovani ancora impegnati negli studi, è possibile fare in modo che per le aziende, due contratti part time per 4 ore al giorno, costino un Euro di meno di un contratto full time per 8 ore al giorno?
E poi vogliamo utilizzare le possibilità offerte dalla tanto invocata flessibilità sul lavoro per venire incontro, si alle necessità produttive, ma anche alle necessità dei lavoratori, spesso occupati a distanze considerevoli dai luoghi di residenza?
Quello della flessibilità infatti è uno dei punti chiave su cui si giocherà in futuro la nostra capacità di essere concorrenziali.
Ciò che doveva essere un preciso strumento di programmazione e di organizzazione del lavoro, viene impiegato invece per tappare i buchi ad un sistema gettato nel caos da una classe dirigente pigra ed impreparata, a caccia esclusiva, delle “opportunità” offerte della globalizzazione del mercato del lavoro. In pratica, la flessibilità è utilizzata esclusivamente come riserva di lavoro straordinario al minimo preavviso!
Chi ha esperienza di organizzazione del lavoro, ha ben presente il maggior costo di produzione che comporta questa pratica o sbaglio?
Per concludere Signora Ministro Fornero, se non riusciamo ad esprimere del buon senso su questi argomenti, …la riforma dell’Artico 18 dello Statuto dei Lavoratori, diventa una semplice esercitazione tecnica, utile soltanto al mantenimento del prestigio della Sig.ra Camuso quanto a quello della Sig.ra Marcegaglia, non certo al lavoro e all’economia di questo Paese.
Alberto Conterio - 26.01.2012
Interviste ad Alberto Conterio
Importanti riflessioni... sempre valide !
giovedì 26 gennaio 2012
giovedì 29 dicembre 2011
Adesso è certo, …siamo allo sbando !
Adesso è certo, …siamo allo sbando !
Quando scrivemmo a novembre, circa il “colpo di stato” attuato dal Presidente Napolitano, con il suo inconsueto attivismo contro la politica, e non al di sopra di essa, che pose alla presidenza del Consiglio dei ministri del nostro Paese il Professore Mario Monti, non potevamo certo osare un elogio o una critica al neo Presidente del Consiglio stesso. Oggi al contrario possiamo scrivere qualche riga al riguardo sull’esperienza di queste settimane.
Non è che si possa andar allegri, confidando nelle capacità presunte di questo esecutivo, dopo i primi provvedimenti assunti. Devo dire che sono rimasto molto negativamente colpito dai primi passi di questo governo, che si muovono a cavallo di una linea sottilissima che divide l’idealità politica della destra e della sinistra nel tentativo di non nuocere troppo a nessuno, colpendo gli unici che non possono sottrarsi alle angherie di uno Stato sempre più invasivo delle nostre libertà e capacità. Provvedimenti che non hanno portato allo sperato sollievo delle borse finanziarie, ma che sicuramente graveranno sulle borse delle famiglie, senza peraltro aver dato un segnale al capitolo sviluppo, almeno per ora. La “fase due”, come è stata chiamata, cioè la serie dei provvedimenti che formalizzeranno le azioni di governo utili allo sviluppo del Paese, resta una chimera a venire, mentre certi invece, sono i provvedimenti palesemente molto poco equi adottati da subito per far cassa immediata !
Che vi fosse tutta questa necessità di riformare ancora il sistema pensionistico italiano in questi termini, dopo che stesso aveva già subito parecchie “riforme” negli ultimi mesi, deve esserci ancora ben spiegato, così come sarebbe bene capire perché non si potesse mettere le mani nelle tasche dei furbi, dei disonesti e di coloro che uno sforzo ancora lo possono fare senza perdere nulla di indispensabile. Altro mistero, l’accanimento a spremere il patrimonio immobiliare italiano, in larga parte in mano alle famiglie quale unico investimento per il futuro dei propri figli.
Addirittura ridicolo l’ennesimo balzello sui carburanti, vera catastrofe assieme all’aumento dell’aliquota Iva per la nostra economia morente. I segnali dal mercato interno infatti sono stati immediati, annunciata recessione per l’anno a venire, il 2012, e immediato sensibile calo dei consumi delle famiglie nel periodo natalizio.
Per far cassa aumentando il prezzo alla pompa della benzina e del gasolio, non era necessario prendere a calci la democrazia e pagare come “ministri” degli insigni professori della Bocconi, bastava un asino qualsiasi, …questa la mia opinione !
Ripeto, mi aspettavo qualcosa di più e soprattutto di diverso. Povera Italia nostra !
Alberto Conterio - 29.12.2011
giovedì 15 dicembre 2011
L’Italia, e le radici della crisi.
L’Italia, e le radici della crisi.
Dieci anni di errori ed un mondo che cambia.
In un periodo di crisi nera qual è l’attuale, è forse bene tirare delle somme per tentare di capire quali sono le nostre prospettive future, e se possibile, comportarsi di conseguenza.
Da dove veniamo ? Chi siamo ? Dove stiamo andando? …sono tre domande che spesso mi assalgono, e che almeno fino a qualche tempo fa, mi era possibile rispondere con più o meno certezza. Oggi però sono molto meno tranquillo. Perché?
Perché, la crisi economica perdurante che sta attraversando la civiltà occidentale, secondo me, è l’effetto “secondario” di una crisi ben più grave ed evidente. È la crisi di identità che sta attraversando pericolosamente l’occidente. Senza sapere da dove veniamo e chi siamo, infatti, non è più certa la nostra rotta futura, tanto è vero che tutto in questi anni s’è complicato. Se ci togliamo per un attimo i paraocchi dell’ipocrisia e del politicamente corretto e guardiamo in faccia la realtà, ci accorgiamo che la crisi evidente e perdurante, è di casa soprattutto nella vecchia Europa.
Negli ultimi anni, per nascondere questa verità, si mescolano le carte, va di moda asserire infatti che sia in atto uno scontro di civiltà, dove la civiltà occidentale comprende la vecchia Europa, ed il nord america. È chiaramente un falso, perché non siamo in guerra con un’altra civiltà, e la crisi è data dalla lenta implosione della nostra stessa civiltà.
Niente scontro insomma, la civiltà occidentale sta morendo da sola. Ma l’Italia appartiene a questa civiltà ? Mi sono soffermato a riflettere su ciò!
Affermerei senza indugio che la “civiltà” non è rappresentata (come talvolta affermato e si vuol far credere) dal credo religioso di una società (sarebbe riduttivo) o più genericamente dal sistema di vivere d’oggi (sarebbe soltanto commerciale) quanto piuttosto dalla sua storia. Insomma, si può affermare che la “civiltà occidentale” alla quale dovremmo appartenere è un’entità definita…
Mi sorgono dei dubbi, perché è evidente che in “occidente” vi sono tra i Paesi differenze sensibili se non abissali?
Ad esempio, possiamo noi italiani riconoscerci in una “civiltà occidentale” che oltreoceano, si identifica attorno ad un tacchino ripieno alla festa del ringraziamento, quale punto di origine? Possiamo riconoscerci in chi si diverte guardando gli incontri di Wrestling (truccati), oppure in chi riconosce sacralità nelle zucche di Halloween? Desideriamo anche noi una società, che dall’oggi al domani si riduce a far dormire la sua gente nel parcheggio di un centro commerciale perché “c’è la crisi” o che ancora nel 2010 discuteva animatamente se fosse giusto e conveniente assicurare un servizio sanitario di base a tutte le classi sociali della popolazione ? Il mio non vuol essere un anti americanismo sterile, ma per evidenziare queste mie affermazioni citerei quanto scritto da uno studioso di storia del periodo fascista, sugli americani : “costoro, sono passati dall’antichità ai tempi moderni, senza essersi fermati un solo giorno nella civiltà…”
Ecco, noi possiamo credere d’appartenere a questa “in-civiltà occidentale standard” solo se cancelliamo il nostro passato! solo se la nostra memoria diventa un foglio di carta bianco, allora sarà possibile scrivere su di esso ciò che si vuole, e farci credere quello che converrà!
Se vogliamo al contrario fare un discorso più serio, è bene circoscrivere fin da subito all’area geografica strettamente europea questa “civiltà”, individuando nei singoli percorsi storici di ogni Paese un punto di partenza “comune”. L’idea di civiltà occidentale così, comincia effettivamente ad essere plausibile. Tra questi paesi però, sono pochi quelli che possono contare su una memoria passata di civiltà come la intendiamo noi (pensando alla civiltà Latina), o su una memoria storica che possa abbracciare almeno una decina di secoli. L’Italia chiaramente, può fregiarsi di ciò a pieno titolo.
Un punto di sicura origine di questa fantomatica civiltà occidentale potremmo individuarlo nelle radici Cristiane. La quasi totalità dell’Europa infatti, può essere raccolta attorno alle radici Cristiane, ma dal momento che ad inizio di questa esposizione abbiamo asserito che sarebbe riduttivo e che, la stessa Europa Unita come istituzione, ha sancito, di non far comparire nella carta costituzionale comune questo fondamento, torniamo alle singole “storie” dei vari Paesi, che nei secoli si sono intrecciate tra loro…
Dobbiamo però essere franchi senza voler del resto apparire vanitosi : l’Italia vanta non meno di 25 secoli di storia e civiltà ininterrotta, il resto d’Europa NO!
Ergo, io che sono e mi sento Italiano, sono estremamente orgoglioso!
Tornando quindi alla crisi, sono portato a chiedermi spesso - soprattutto ultimamente - quale sarà il futuro d’Italia e quindi dei miei figli. Occorre a questo punto scendere nella politica e nella storia recentissima d’Europa e del nostro Paese. Quattro le colonne negli ultimi dieci anni, Immigrazione, globalizzazione dei mercati, delocalizzazione del lavoro e moneta unica. Quattro panacee valide in ogni occasione e su ogni argomento, a formare un totem, un monolito inattaccabile. L’immigrazione, presentato come un arricchimento, culturale, sociale, la globalizzazione dei mercati e la delocalizzazione del lavoro come un’opportunità economica e la moneta unica, la sicurezza economica data da un potere d’acquisto svincolato finalmente dal tumore delle inflazioni e dei cambi monetari!
Beh, …dopo aver visto la parabola discendente degli ultimi dieci anni sfido qualunque persona di buon senso a dimostrare che non è stato un completo fiasco, altro che totem!
La strada percorsa in questi dieci anni, era giusta per l’Europa, per l’Italia o per chi? O meglio, la civiltà espressa dalla società italiana aveva bisogno di mutuare quella altrui per poi ritrovarsi in condizioni ben peggiori dopo questo periodo?
Se avessimo guardato alla civiltà espressa dalla nostra storia, senza azzerare ad un libro vuoto la nostra identità, quanti di coloro che si ergono oggi a salvatori della Paria e quanti di coloro che si son vantati in questi anni di essere i promotori di tanto vantaggioso progresso, avremmo effettivamente seguito come pecore al pascolo? E se è vero, che la democrazia è un valore universalmente conosciuto, ci saremmo lasciati condurre forzatamente al patibolo?
Io ritengo che si possa sempre cambiare opinione quando è palese che le nostre convinzioni erano errate, così come nessun trattato o scelta politica passata può considerarsi definitiva e inamovibile. Se l’Euro, le frontiere aperte, la globalizzazione dei mercati e la delocalizzazione all’estero del lavoro si sono rivelati letali per l’Italia, l’Italia deve avere il diritto ed il coraggio di ridiscutere con piena sovranità nazionale questi argomenti. Questo è ciò che chiedo al “governo” del mio Paese. E chissenefrega dell’Europa, della borsa di Londra e del differenziale dei rendimenti Bund-Btp e della possibilità di trovare lavoro come lavapiatti in Australia.
La società italiana stava assai meglio negli anni ’80 quando imperava un’inflazione del 22 %, e tutti i cambi ci erano sfavorevoli. Mai avrei immaginato questa involuzione. Non facciamoci raggirare ancora, ciò non è dovuta soltanto al rapido cambiamento del mondo o alla sfortuna. Quante volte il mondo è cambiato in 25 secoli, eppure l’Italia è sempre stata se stessa. Con i suoi pregi ed anche con i suoi difetti, l’Italia talvolta ha guidato il cambiamento del mondo conosciuto. Questa rapida involuzione quindi, è dovuta principalmente a scelte errate recenti e recentissime, che non hanno saputo coniugare i pregi ed i difetti su citati con le reali possibilità offerte dal cambiamento in atto. Queste sono colpe che possiamo attribuire in primis alla classe politica repubblicana post-manipulite, mirante al suo esclusivo e personale interesse sopra ogni altro, ma non esclude le pesanti responsabilità della classe dirigenziale ed industriale italiana delle nuove generazioni, che al contrario delle precedenti - attente alle positive ricadute sociali locali e nazionali - hanno voluto monetizzare ogni guadagno possibile.
Concludendo, dobbiamo tornare ad essere coscienti delle nostre radici e delle nostre potenzialità per guidare democraticamente la politica del nostro Paese verso gli interessi dell’Italia e degli italiani, e se questi non coincidono con gli interessi delle lobby interne che dividono i propri interessi con l’Europa della Germania e la globalizzazione mondiale, vuol dire che siamo davvero sulla strada giusta !
15.12.2011 - Alberto Conterio
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