Situazione economica e possibili sviluppi
La nave affonda mentre l’equipaggio è impegnato a
lucidare gli ottoni: follia!
Per decenni si sono contrapposti due modelli economici e
sociali senza peraltro riuscire a giungere al risultato che si prefiggevano.
Oggi, nel 2014 a 25 anni dalla fine dell'Unione Sovietica
e del socialismo, possiamo affermare che anche il capitalismo e l'economia di
mercato hanno dimostrato tutti i loro limiti e ristagnano in profonda crisi.
Sentir dire che il liberismo sta attraversando la più lunga crisi economica
della storia è un fatto normale quanto falso però. Il liberismo di cui abbiamo
«goduto» in questi anni infatti non sta attraversando «una crisi» ma è la causa
della crisi! Sta in questo lapsus forse, il motivo della mancata risoluzione
del problema. Questa è una crisi che ci attanaglia da anni, e merita una serie
di riflessioni per comprendere appieno i motivi e anche la possibile via
d'uscita. La differenza reale tra i due modelli macroeconomici può apparire
ampia: con il socialismo o economia di stato si tende alla massima occupazione,
mentre con il capitalismo o economia di mercato si tende al massimo guadagno.
Con buona pace di ogni legittima opinione però, ritengo che ambedue i modelli
si somiglino tantissimo nel risultato: non hanno rappresentato mai, la panacea
al benessere dei lavoratori e delle nazioni...
Se è vero che con un'economia di tipo socialista, tutti o
quasi i lavoratori sono occupati, è pur vero che i salari sono calmierati dallo
Stato e da un'economia generalmente priva di stimoli. La fine dell'Unione
Sovietica e di altri Stati improntati a tale sistema non lasciano dubbi in proposito,
ma vale lo stesso criterio anche per il modello capitalistico. La ricerca
spasmodica e incontrollabile nell'ottenere il massimo guadagno, ha portato alla
schiavitù di intere popolazioni del terzo mondo e al rapido impoverimento delle
popolazioni residenti nei paesi più evoluti e industrializzati del mondo. Il
guadagno, negli ultimi decenni non è stato più il mezzo per il progresso della
società, ma al contrario è diventato motivo di opposto obiettivo: verso la
precarizzazione della società, moderna schiavitù!
Diventa quindi chiaro, che i due modelli economici non
sono in grado di reggersi da soli sulle proprie gambe se non in presenza
contemporanea del loro opposto in veste di «regolatore».
Solo il corretto bilanciamento tra i due estremi sistemi
economici è in grado di portare reale beneficio e benessere sociale.
L'economia di Stato deve trovare nei privati e nella loro
concorrenza le motivazioni per perseguire il miglioramento continuo, mentre gli
stessi privati devono trovare nello Stato e nel sistema statalista un limite
alla inconsapevole mala gestione del sistema di mercato che propugnano.
Un sistema capitalistico, per svilupparsi, ha bisogno di
mano d'opera a basso costo, ma anche di un mercato in grado di acquistare i
prodotti. Le due cose non sono compatibili, ed ecco perché dopo soli 25 anni di
libera interpretazione, il liberismo, si è «avvitato» su se stesso in una crisi
senza risoluzione.
Oggi disponiamo certamente di mano d'opera a basso costo
grazie alla globalizzazione dei mercati, ma è anche vero che i salari sono
ormai troppo bassi per avere una domanda pari alle capacità produttive.
Quale soluzione quindi?
Ho già accennato al giusto bilanciamento tra Stato e
privati, ma come?
Credo che allo Stato spetti creare il contesto più favorevole
allo sviluppo delle aziende private, mantenendo il controllo assoluto, e ripeto
assoluto, di alcuni settori strategici: l'energia, le comunicazioni, la ricerca
e le grosse infrastrutture. Settori questi che devono passare attraverso la
programmazione politica dello Stato nazionale e sovrano. Nessun privato deve
avere la possibilità di rilevare quote importanti di questi settori... pena
vederli diventare essi stesso «Stato», inteso come monopolizzatori.
Per attuare ciò, uno Stato deve necessariamente essere
sovrano e battere moneta propria.
La moneta non può essere una proprietà privata delle
banche.
Risulterà chiaro a questo punto che oggi, nell’attuale
situazione, non abbiamo nessuna possibilità di poter uscire dalla crisi, perché
tutti i provvedimenti possibili, vengono inesorabilmente «castrati» nelle loro
potenzialità da un punto di partenza errato. E come tentare di sollevare un
peso con una leva: stiamo utilizzando una leva troppo corta oppure un punto di
appoggio troppo lontano dal peso che intendiamo sollevare.
I presupposti per uscire dalla crisi quindi, non sono le
riforme, ma l’ambiente in cui le riforme – quelle necessarie – devono essere
fatte. Se alcuni anni fa, questa disamina dei fatti era dominio solo di alcuni
premi nobel per l’economia, ora l’argomento è diventato di dominio pubblico.
Non si può più far finta di non sapere!
La domanda a questo punto non è più se è necessario
uscire dall’euro, ma molto più verosimilmente in che modo uscire – al più
presto – per limitare i danni e intraprendere la giusta via. Finalmente!
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