Dalla retorica all’orgoglio di essere italiani
La retorica pacifista, globalista, modernista o
qualunquista, inquinerà anche quest’anno, l’anniversario della nostra
vittoriosa quarta guerra di indipendenza nazionale, …leggasi, prima guerra
mondiale. Anzi proprio perché sarà il centesimo anniversario di questo
importante avvenimento nazionale, verrà obbligatoriamente decontestualizzato
dal suo periodo storico e ideologizzato secondo il pensiero unico dominante
oggi. Il politicamente corretto!
Se amiamo la verità, se proviamo l’orgoglio di essere
italiani nonostante tutto, se siamo donne e uomini che si sentono tali però, queste
buffonate non devono turbarci, ma, non devono nemmeno renderci insensibili al
torto che verrà compiuto nei confronti di chi allora, è morto o è rimasto
seriamente ferito e mutilato per la Patria!
Perché scrivo questo? Perché da anni, parlare di Vittoria
nella grande guerra, non è di moda. Suona male. Appare sporco, negativo!
Oggi si può parlare di ogni cosa. Ad esempio, si può essere
considerati esempi per le nuove generazioni, parlando di uso depenalizzato delle
droghe leggere, oppure di diritto all’aborto, così come non si fa peccato a
ridicolizzare la nostra tradizione cristiana… guai però a provare il giusto
senso di orgogliosa appartenenza ad una comunità che trae forza e valori,
ricordando chi seppe vincere con la volontà e il sacrificio, la grande guerra
mondiale 1915 - 18!
Qualche tempo fa, un ridicolo giornalista di una ridicola
testata a tiratura nazionale, osò scrivere che la prima guerra mondiale, non
era stata una guerra di eroi, ma solo una guerra di individui costretti con la
forza a farsi ammazzare in nome delle logiche e degli interessi delle classi al
potere. Costui non solo si sbagliava storicamente, discriminando le migliaia di
figure che eroicamente avevano deciso di immolarsi volontariamente in nome e
per amore della nostra Patria, (due nomi su tutti, Nazario Sauro e Cesare
Battisti) ma si sbagliava anche a livello generale. Imperdonabile e ancor più grave
il suo errore da questo punto di vista, perché se e vero che molte persone
erano state costrette a combattere e morire in battaglia contro la loro
volontà, proprio a loro spetterebbe il titolo di eroi. Non di meno e non di
più.
Cento anni fa è stata scritta un’epopea che non abbiamo
il diritto di mortificare con le assurdità e le vergognose lagnanze d’oggi. A
noi oggi, forse uomini e cittadini migliori (ma non credo) spetta, il compito
di ricordare con la mente aperta, non di giudicare con mente ottenebrata dalle
ideologie e dalle mode correnti.
Siate coscienti: il quattro novembre quest’anno, si
ricorderà che un secolo fa prese avvio una nuova era. Fu il momento in cui tutti
gli italiani si sentirono tali e scoprirono di essere un popolo compiuto, al
pari di altri popoli d’Europa. Anzi più degli altri popoli, perché avevamo
finalmente tirato una riga sotto al computo di oltre 25 secoli di storia e
civiltà ininterrotte. Questi, sono valori che non passano di moda. Questi sono
valori, che dovrebbero (se valorizzati) permetterci di dare il giusto peso e corretta
importanza a chi pretende di giudicarci sulla base dei risultati elaborati da
un’agenzia di rating, dalla Commissione europea o da uno dei suoi arroganti e folcloristici
galoppini.
Desidero concludere, citando le parole, sempre valide, di
uomo, che dall’alto dei suoi 152 cm di statura, ha dimostrato con la sua virile
volontà di essere una spanna abbondante al di sopra di tanti blasonati suoi e
nostri contemporanei:
“Italiani,
cittadini e soldati !
Siate un Esercito solo. Ogni viltà è tradimento, ogni discordia è tradimento, ogni recriminazione è tradimento. Questo mio grido di fede incrollabile nei destini d'Italia suoni così nelle trincee come in ogni più remoto lembo della Patria; e sia il grido del popolo che combatte e del popolo che lavora.”
Siate un Esercito solo. Ogni viltà è tradimento, ogni discordia è tradimento, ogni recriminazione è tradimento. Questo mio grido di fede incrollabile nei destini d'Italia suoni così nelle trincee come in ogni più remoto lembo della Patria; e sia il grido del popolo che combatte e del popolo che lavora.”
Lo stesso popolo che vinse allora, a distanza di un
secolo, è chiamato a combattere e a lavorare con orgoglio perché l’Italia possa
vincere anche oggi, per tutti gli italiani!